Prima di entrare nel merito dell’argomento anticipato nella precedente newsletter, è necessario soffermarci un attimo a parlare del “Dottor Valente”: chi è, come ha fatto a diventare Dottore, in cosa è diverso dagli altri…in poche parole, perché dovremmo fidarci di lui.
Valente ha più di una tipologia di medici nel suo team. I più conosciuti sono senza dubbio quelli che compongono la squadra di agenti, che copre tutte le regioni d’Italia in modo capillare, assicurando al cliente la possibilità di avere sempre a sua disposizione una visita a domicilio per studiare e capire quale soluzione si adatta meglio alle esigenze del proprio campo e della propria coltura. Ai nostri agenti si affiancano poi i rivenditori, “gente del posto”, che vive ed è radicata nella realtà del nostro cliente, il vecchio “medico condotto” che tutti conosce ed in paese tutti conosco. È sempre a disposizione, ha tutto quello che serve proprio vicino a casa tua ed è pronto sempre ad aiutarti con materiale, consulenza e installazione, insomma tutto il necessario e anche più. Senza la nostra preziosa rete di rivenditori sarebbe impossibile coprire ogni zona del nostro paese, ognuna con le sue specificità e caratteristiche che lui sa come soddisfare.
Terminiamo quindi con coloro che potremmo definire “il fiore all’occhiello” di Valente, ovvero gli installatori. No, non sono nostri dipendenti, ma son tutti “figli” nostri. Hanno imparato come si montano i nostri impianti attraverso i corsi di formazione che abbiamo tenuto loro, sanno tutto di ogni pezzo, spesso anche di più di quello che sappiamo noi e proprio per questo periodicamente vengono a trovarci portandoci sempre spunti utili per migliorare la qualità dei nostri materiali e la praticità di installazione. Sono loro a rendere perfettamente funzionante l’ottima macchina che noi vendiamo.
All’estero le cose non sono poi tanto diverse. Qui puntiamo tutto sui nostri rivenditori, uno in ognuno dei cinquanta paesi in cui Valente esporta, tutti selezionati con cura e formati con passione per essere un pezzo di Valente nel loro territorio.
In alcuni casi le collaborazioni sono di così lungo corso che ormai sono i figli a prendere in mano il testimone; in altri casi sono invece nuove collaborazioni piene di entusiasmo e pronte a portare una tecnologia di alta qualità nei loro paesi. Mettiamo quindi a disposizione dei nostri clienti ogni possibile varietà di aiuto e supporto, sempre disponibile dove più serve.
Terminata questa lunga ma doverosa premessa, torniamo al centro del nostro discorso.
Con lo scorso articolo abbiamo appena scalfito la superficie del vastissimo tema che ci siamo impegnati di affrontare: perché cadono gli impianti?
Se ricordi, ci siamo fermati agli ancoraggi e quindi da lì ripartiamo. Dall’ancoraggio partono infatti due cavi; una fune e un filo se si tratta di un palo di testata, due funi se è un palo laterale. Il nostro medico farà una cosa molto semplice: poggerà la mano sui cavi.
Ora, i cavi non si devono muovere. Rammenta, l’impianto è una tensostruttura: no tensione, no impianto, parafrasando una famosa pubblicità. I fili e le funi devono essere tesi e a garantire questa tensione ci deve essere uno strumento fondamentale: il super-gancio. Non quei meravigliosi alberi di Natale di morsetti, così tanti che quasi non si vede la fune.
Ne bastano due e vanno messi distanziati di almeno venti cm perché svolgano il loro lavoro come si deve. Stante tutto ciò, tieni presente che con un morsetto non potrai mai fare ciò che vedi in questo video, cioè tesare l’impianto in pochi secondi.
A questo punto apriamo due parentesi.
La prima riguarda i fili e la fune: è normale che si allunghino un po’ col passare del tempo, ma fili a basso contenuto di carbonio o funi a 49 fili, si allungano troppo, perdendo la tensione dell’impianto (ricordi il punto di sopra? No tensione, no impianto).
Lo sappiamo, sono più facili da tesare, più morbidi e malleabili, talmente tanto che passerai le giornate a ritendere l’impianto, scelta che non ti suggeriamo a meno che tu non abbia tempo a disposizione per fare parecchia attività fisica extra.
In tutti gli altri casi suggeriamo di utilizzare il nostro Strukturasteel in lega di zinco alluminio e con un alto contenuto di carbonio che assicura la resistenza alla corrosione (ricordati che oltre all’acqua l’impianto subirà numerosi trattamenti di varia natura) e un ridotto allungamento (max 5%).
Per la fune consigliamo quella a 19 fili che sì, sarà difficile da tesare, ma ti garantirà di dormire sonni tranquilli. Anche perché, rispetto alla fune da 49 fili composta da fili “sottili” e quindi più soggetti ad usura, la fune a 19 fili ha un diametro decisamente superiore dei singoli fili che la compongono, rendendola molto più duratura nel tempo e resistente alle manipolazioni che dovrà subire.
La seconda riguarda invece l’impianto vero e proprio e più precisamente il terreno su cui esso sorge. La grande verità da tenere in considerazione è che l’impianto si muove. O meglio, si muove il terreno su cui esso sorge; si tratta di piccoli possibili smottamenti, alcuni neanche visibili a occhio nudo ma che, esattamente come le crepe sul muro di una casa, possono essere pericolosi.
Se hai il super-gancio però non c’è nulla da temere; appena il nostro medico identifica una fune non tesa, estrae una chiave a bussola dalla tasca del camice e in un paio di minuti sistema tutto. Se hai i morsetti…beh, come si usa un tirvit richiederà un articolo a parte. Se i morsetti sono arrugginiti perché di scarsa qualità, sei spacciato, non ti resta che pregare.
Bene, dopo aver ripristinato la tensione sul nostro palo di testata dobbiamo salire con gli occhi e seguire il filo di colmo. È un filo grosso, da 4mm sul quale si poggia il nostro bene più prezioso, la rete. Lascia perdere tutte le teorie “la fune è più grossa quindi è meglio”; se la rete poggiasse su una fune si usurerebbe in un secondo. Quindi si usa il filo, nient’altro da aggiungere.
Se invece il medico si posiziona su un palo laterale, in quel caso abbiamo due funi. Quella di ancoraggio, come sulla testata, è da 7mm e parte circa venti cm sotto il cappuccio (non a metà palo come certe volte si vede).
Dal colmo scende invece la fune trasversale, e qui l’immaginazione dell’impiantista fai-da-te si scatena.
I migliori sono ovviamente quelli che “non serve”, che evidentemente hanno il vento telecomandato nell’impianto, quindi soffia solo lungo la direzione dei filari e mai di traverso.
Ti ricordi quando nella scorsa newsletter si parlava dei fattori che incidono sull’impianto? Ti ricordi della frutta? Ecco, molti sono convinti che solo il peso dei frutti sia rilevante, dimenticandosi che questi sono attaccati ad un albero. Quando li mettiamo nel nostro impianto sono così piccoli e carini, sottili bastoncini che un non-addetto-ai-lavori mai penserebbe siano in grado di produrre così tante mele. Tra qualche anno quelle meravigliose pianticelle saranno comunque alberi che, avranno foglie, rami e frutti lungo tutto il fusto, così tante da andare a costituire quasi un muro.
Ecco che in questo momento entra in gioco la nostra fune trasversale: quando il vento spingerà trasversalmente (e succederà durante una tempesta, puoi starne certo), il muro di foglie agirà come barriera aumentando lo sforzo sia dei pali che dell’intero impianto ma la fune andrà in loro soccorso mantenendone la posizione. La fune ha poi un altro scopo importante: essa costituisce il “limite” oltre il quale la rete sollecitata dal vento non si potrà alzare.
Molti artisti del fai-da-te, per risparmiare, installano il filo di colmo e la fune trasversale e poi poggiano la rete sopra i due, così da non compiere quella complicata operazione di passare la rete tra filo e fune, che richiede molto tempo in fase di installazione ma è al contempo l’operazione corretta da portare avanti per assicurare alla rete la giusta elasticità ma non la completa libertà.
È evidente quindi come avere l’impiantista giusto faccia la differenza.
Parlare di fili e funi ci porta poi necessariamente a parlare dei cappucci, perché è tramite loro che la struttura alta rimane collegata ai pali. Il cappuccio ha due compiti fondamentali nell’impianto: copre il palo nella sua parte terminale, che potenzialmente verrà a contatto con la rete, per almeno quindici centimetri, impedendo alla superficie abrasiva del palo di danneggiare la rete e, allo stesso tempo, mantiene bloccati fili e funi perpendicolarmente sul palo, imprimendo su di esso la maggior forza possibile (ed è per questo che è importante disegnare impianti a 90° gradi), sempre al fine di garantire la corretta tensione della struttura. Entrambi i compiti vengono spesso trascurati.
Non basta coprire la punta del palo, bisogna scendere lungo lo stesso. È vero che la rete è solo in cima al palo, ma nell’assumere la caratteristica forma “a tetto” dell’impianto, essa scende un po’ e, specialmente sotto l’azione del vento, può diventare un potenziale punto debole, con lo sfregamento della rete sul palo. Ma il secondo compito del cappuccio, il blocco di fili e funi, è senza dubbio il più snobbato. Il filo di colmo e la fune trasversale, di cui abbiamo parlato prima, intercettano tutti i pali dell’impianto all’interno dei cappucci, il filo sotto e la fune sopra. Il cappuccio deve quindi bloccarli in modo separato e indipendente per permettere una praticità di installazione (l’installazione del filo, della rete, e della fune trasversale, sono tre fasi completamente separate dell’installazione), il blocco completo e la protezione della rete. Essa viene infatti “compressa” tra i due elementi (filo e fune) e quindi rondelle di plastica e/o gomma (per non parlare di dadi, rondelle e bulloni necessari a bloccare filo e fune) devono proteggerla nel punto di possibile abrasione, sempre al fine di preservarla quanto più a lungo possibile
Anche questa volta lo spazio a nostra disposizione è terminato. Riprenderemo il tema “perché cadono gli impianti” nel prossimo articolo, nella quale parleremo di cosa accade alla rete e di come questo prezioso bene influisce in maniera determinante sull’impianto sotto di essa.