Come le coperture influenzano il microclima all’interno del frutteto

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L’uso delle coperture su frutteto, oggi divenuta consuetudine per la maggioranza delle colture improntate a forme di allevamento moderne, ha in realtà una storia piuttosto recente. Negli anni 60, quando la nostra azienda si è affacciata sul mercato con la produzione di pali in cemento armato precompresso, l’idea di coprire il frutteto non era di certo fra le priorità degli agricoltori, e questo sostanzialmente per tre ragioni: mancanza di cultura a livello impiantistico (prodotti di bassa efficacia e pochi fornitori scarsamente specializzati), condizioni climatiche più stabili con minor frequenza di eventi avversi, abitudine a seguire linee guida consolidate nel passato (“coprire” non era sinonimo di buona pratica agronomica).

Come risulta evidente oggi, molte cose sono cambiate in poco più di 60 anni.

L’uso diffuso di reti per coprire i frutteti è iniziato a partire dagli anni ’80: inizialmente, le reti venivano utilizzate principalmente per proteggere i frutti dalle grandinate, soprattutto nelle regioni settentrionali e centrali d’Italia come il Veneto, il Piemonte e l’Emilia-Romagna, conosciute per la loro produzione di frutta e più suscettibili a grandinate frequenti a causa delle loro condizioni climatiche. 

Alla protezione dalla grandine si sono presto aggiunte nuove esigenze. Col tempo, infatti, l’uso delle reti si è evoluto e oggi sono impiegate per vari scopi, dalla protezione dalle intemperie al controllo dello sviluppo vegetativo ideale delle colture. Ma andiamo con ordine.

L’uso di reti sui frutteti per proteggere le colture dagli insetti, per esempio, è un fenomeno che ha preso piede negli ultimi anni. In particolare, l’adozione di reti antinsetto è cresciuta a partire dai primi anni 2000, con un’espansione significativa negli ultimi dieci anni. Questo metodo è stato introdotto principalmente per proteggere le colture da insetti chiave come la Drosophila suzukii e la cimice asiatica, riducendo la necessità di trattamenti chimici.

Prima ancora, reti e teli antipioggia erano diventati la consuetudine per proteggere colture come ciliegie, pesche e piccoli frutti. Queste colture sono infatti particolarmente sensibili agli effetti negativi della pioggia, come il cracking (spaccature sui frutti) e le malattie fungine.

Le reti ombreggianti sono invece utilizzate principalmente per proteggere colture sensibili al calore eccessivo, come kiwi, pesche, e molti altri alberi da frutto se coltivati in zone particolarmente soleggiate. Queste colture possono beneficiare dell’ombreggiamento per ridurre lo stress termico e migliorare la qualità del raccolto.

L’esperienza maturata in questi anni ha però portato negli ultimi tempi a capire che tali coperture, oltre ad assolvere alle loro funzioni specifiche, possono essere in realtà polifunzionali, cioè in grado di svolgere più compiti e offrire diversi tipi di protezione.

In un articolo pubblicato sul trimestrale Kiwi Informa a fine 2023, per esempio, viene evidenziato come le coperture antigrandine stiano diventando sempre più multifunzionali, offrendo protezione non solo dalla grandine ma anche da eccessi termici, pioggia, insetti, vento e uccelli. Le reti, realizzate in polietilene ad alta densità (HDPE), possono ovviamente avere diverse maglie e tessiture a seconda della funzione specifica, ma in ogni caso i benefici apportati alle colture sui diversi fronti appaiono evidenti.

L’uso di queste reti può inoltre migliorare la fisiologia delle piante, controllando la fotosintesi e la crescita; filtrando la luce solare, possono ridurre gli eccessi luminosi delle lunghezze d’onda meno efficienti per il processo fotosintetico, aiutando le piante a crescere meglio.

Nonostante tali evidenze, c ’è però ancora una buona fetta di agricoltori che preferisce non coprire i propri frutteti, ritenendo di non averne bisogno.

Ma la realtà è che le coperture, oltre ad offrire protezione ad ampio spettro come sopra evidenziato, garantiscono anche un microclima migliore alle colture sotto diversi aspetti, conferendo molteplici vantaggi alle colture e consentendo loro uno sviluppo vegetativo ideale.

A questo proposito è illuminante una ricerca condotta da Middleton e McWaters dal 1996 al 2000 che fornisce molti dati concreti in merito.

Tale ricerca ha esplorato l’effetto delle reti antigrandine (oggi sicuramente le più diffuse) sul microclima e sulla produttività delle piantagioni di mele e pere. Questi studi si sono concentrati sull’analisi di come le reti influenzino diversi parametri ambientali, quali temperatura, umidità e luce, e di conseguenza, la crescita e la qualità dei frutti.

Nello specifico, i principali parametri misurati includevano la temperatura dell’aria e del suolo, l’umidità relativa, l’intensità luminosa e la velocità del vento sotto le reti rispetto alle aree non coperte.

I risultati, come anticipato, sono illuminanti.

Vediamoli nel dettaglio:

  1. Temperatura:
    • Le reti antigrandine hanno contribuito a mantenere una temperatura più stabile sotto la copertura, riducendo le fluttuazioni estreme.
    • Durante i mesi estivi, la temperatura sotto le reti è risultata inferiore rispetto alle aree scoperte, contribuendo a ridurre lo stress termico sulle piante.
    • Viceversa, durante i mesi invernali (specialmente quelli più freddi) la temperatura sotto le tensostrutture tendeva ad essere più alta rispetto all’aria aperta, grazie anche alla protezione dal vento.
  1. Umidità:
    • L’umidità relativa sotto le reti è risultata leggermente superiore rispetto alle aree non coperte, favorendo un microclima più umido che è risultato benefico per queste colture.
    • Questo aumento dell’umidità ha aiutato a ridurre la traspirazione e la perdita d’acqua dalle piante, migliorando l’efficienza nell’uso dell’acqua e favorendo la crescita delle radici.
  1. Luce:
    • Le reti antigrandine hanno ridotto l’intensità luminosa diretta, filtrando la luce solare e distribuendola più uniformemente.
    • Questo ha portato a una riduzione delle bruciature solari sui frutti e a un miglior utilizzo della luce fotosintetica, che è essenziale per la crescita delle piante.
  1. Produttività e Qualità dei Frutti:
    • Le reti antigrandine hanno contribuito a migliorare la qualità dei frutti, riducendo i danni fisici causati dalla grandine.
    • Inoltre, i frutti raccolti sotto le reti hanno mostrato una maggiore uniformità in termini di dimensioni e maturazione.
    • La resa complessiva delle colture sotto le reti è aumentata, con una produzione di frutti di qualità superiore.

Middleton e McWaters hanno così concluso che le reti antigrandine offrano benefici significativi per le piantagioni di mele e pere, migliorando il microclima, creando un ambiente più favorevole per la crescita delle piante e aumentando la produttività e la qualità dei frutti.

Queste le conclusioni di uno studio condotto più di vent’anni fa. Oggi la situazione ambientale si è decisamente evoluta e complicata, presentandosi con inverni miti e gelate tardive, piovosità concentrata e di maggiore intensità, frequenti eventi grandinigeni, eccesso di vento e insolazione e aumento dei patogeni alieni.

Una sintesi del cambiamento climatico in atto e della situazione fitopatologica che porta a una sola considerazione: fare frutticoltura senza i sistemi di copertura del frutteto sembra ormai impensabile.

È senz’altro di questo parere Davide Neri, professore di Arboricoltura Generale e Coltivazioni Arboree e direttore del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche, che in alcune recenti interviste ha portato la propria testimonianza accademica.

Si parla di multifunzionalità – spiega – con le reti si protegge la coltura dalla grandine, ma si crea anche un ombreggiamento del 15-20%; con reti più chiare il valore diminuisce mentre con reti più scure aumenta” – continua a spiegare Neri – “questi livelli di ombreggiamento consentono un’ottima fotosintesi e rendono meno pericolosi i fenomeni di fotoinibizione e fotossidazione, particolarmente gravi con temperature molto elevate”.

I fenomeni di fotoinibizione e fotossidazione sono conosciuti con il nome di “stress termico”. Portano danni sia diretti, come le scottature, che indiretti, come l’eccessiva traspirazione fogliare, ovvero la perdita di acqua sotto forma di vapore mandando la pianta in deficit idrico.

Studi sperimentali condotti con diverse maglie colorate su meleti e pescheti, con una percentuale di ombreggiamento selettivo intorno al 15-30%, hanno registrato già nel primo anno un migliore allungamento dei germogli, una maggiore dimensione della superficie fogliare, una stimolazione sull’induzione a fiore, la qualità dei fiori e sull’allegagione, cioè lo sviluppo dei frutticini subito dopo la fioritura.

Secondo altre prove sperimentali condotte dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro Alimentari dell’Università di Bologna che utilizzano reti di colore bianco e rosso su melo, il controllo della temperatura sotto chioma porterebbe a una diminuzione dello stress idrico, dei danni superficiali e delle scottature da caldo migliorando così la qualità dei frutti.

Tra le altre colture, il ciliegio dolce è sicuramente una delle specie che trae maggiori benefici dall’applicazione di coperture multifunzionali, a causa dei numerosi fattori biotici e abiotici che influenzano la sua produzione, principalmente a causa del “cracking” dei frutti e dei danni da Drosophila suzukii.

Ne è convinto Stefano Lugli, professore ordinario di Geologia stratigrafica e sedimentologica presso il Dipartimento di Scienze chimiche e geologiche dell’Università di Modena e Reggio Emilia, come testimoniato da questo suo intervento al McFruit del 2021: “Fino a trent’anni fa nessuno si immaginava di dover coprire le ciliegie. Ma la situazione si è evoluta: le coperture nel ciliegio sono andate modificandosi negli anni di pari passo con l’evoluzione dei sistemi di impianto. Dai modelli antipioggia introdotti circa trent’anni fa nei ceraseti tradizionali per la difesa delle ciliegie dal cracking, le coperture sono divenute oggi polifunzionali, in grado di proteggere le coltivazioni specializzate intensive da numerose avversità biotiche e abiotiche: insetti come drosophila, mosca e cimice, uccelli, eventi atmosferici come grandine, pioggia e vento. Tutto in un’unica soluzione, a difesa delle produzioni di elevata qualità e di alto reddito. Un aspetto quello dell’elevata qualità che voglio sottolineare. La protezione delle reti consente di ridurre drasticamente gli interventi fitosanitari, ottenendo quindi un prodotto con un residuo bassissimo”.

Anche la nostra esperienza diretta di tanti anni in questo settore e innumerevoli impianti realizzati porta alle stesse conclusioni.

I clienti che hanno utilizzato le coperture hanno sempre beneficiato di un raccolto omogeneo e soddisfacente sia in termini qualitativi che quantitativi.

E siccome non si finisce mai di sperimentare e di imparare, a giugno abbiamo completato i lavori di copertura su circa 2 ettari di fichi di una varietà tardiva, mantenendo a fianco della struttura un campo scoperto.

Insieme ai tecnici dell’azienda cliente abbiamo impostato un progetto di monitoraggio continuo e di confronto fra i 2 campi, per capire come reagisce la pianta sotto la rete, prendendo in considerazione il fabbisogno di acqua, lo sviluppo vegetativo, la produzione, l’uniformità di pezzatura e la resistenza alle prime piogge.

I dati sono ancora in fase di raccolta, ma già dopo due mesi le piante sotto la copertura mostravano differenze evidenti rispetto a quelle scoperte in termini di vigoria vegetativa e rapidità di crescita.

In sintesi, sia le evidenze sperimentali che quelle rilevate sul campo sembrano indicare piuttosto chiaramente che le coperture multifunzionali offrano davvero numerosi vantaggi che vanno oltre la semplice protezione dalla grandine, agendo direttamente sul miglioramento del microclima all’interno dell’impianto e favorendo una crescita più sana e produttiva delle colture arboree.

Ovviamente esistono soluzioni di diverso tipo, dai tradizionali impianti anti-grandine a quelli multifunzione completi di rete anti-insetto, monofilari o monoblocco e con diversi livelli di automazione, ma tutti forniscono un contributo positivo che, pur rappresentando un investimento iniziale significativo, porta benefici a lungo termine in termini di miglioramento della qualità e quantità della produzione in grado di giustificare ampiamente i costi.

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